L’intelligenza artificiale: rivoluzione globale, ma l’Italia arranca

L’intelligenza artificiale è ormai il cuore pulsante dell’innovazione globale, il motore che promette di rivoluzionare interi settori e ridefinire il futuro del lavoro. Tuttavia, mentre molte aziende dichiarano di voler cavalcare quest’onda tecnologica, poche sanno realmente come sfruttarla. E l’Italia? Nonostante le potenzialità, resta indietro: solo il 20% delle imprese ha formato almeno un quarto dei propri dipendenti sugli strumenti di AI, facendosi superare da Paesi come Singapore, Giappone e Germania.

Secondo il rapporto “AI Radar” di Boston Consulting Group (BCG), il 75% dei leader globali vede l’AI come una priorità strategica per il 2025, ma solo il 25% delle aziende riesce a trasformare questa tecnologia in un valore concreto. Le imprese di successo puntano su una crescita costante, allocando risorse significative e adattandosi alle nuove potenzialità, ma la maggior parte resta frenata da limiti strutturali, scarsa formazione e un approccio poco strategico. In Italia, questa disparità è ancora più evidente.

Investimenti limitati, risultati limitati

L’indagine di BCG, che ha coinvolto 1.800 CEO di aziende attive in 19 mercati e 12 settori, evidenzia che solo una società su tre si dichiara pronta a investire almeno 25 milioni di dollari in AI nel prossimo anno. Le aziende leader destinano oltre l’80% delle risorse alla trasformazione dei processi chiave e allo sviluppo di nuove opportunità lavorative, raddoppiando i ricavi rispetto ai competitor. Al contrario, nella maggior parte delle imprese, il 56% degli investimenti viene dirottato verso iniziative marginali, limitando l’impatto dell’innovazione.

Secondo Christoph Schweizer, CEO di BCG, il successo dipende dalla capacità di colmare il divario tra ambizioni e risultati: «I leader nell’adozione dell’AI sono quelli che trasformano i processi core, investono nella formazione dei team e scalano rapidamente le soluzioni».

Un approccio graduale, ma efficace

La crescita degli investimenti in AI generativa è prevista a un ritmo costante, con un incremento stimato del 60% nei prossimi tre anni. Tuttavia, il panorama globale resta eterogeneo: se Paesi come Singapore (44%), Giappone (38%) e Germania (30%) guidano nella formazione del personale, l’Italia è al penultimo posto, insieme al Brasile (20%).

Le industrie che traggono i maggiori benefici dall’AI sono quelle che la applicano trasversalmente, integrandola nei processi core e secondari. In questo contesto, la formazione risulta fondamentale. Secondo Sylvain Duranton, leader globale di BCG X, il modello vincente è il 10-20-70, che prevede di destinare il 70% degli sforzi alla trasformazione culturale e alla formazione del personale, il 20% all’ottimizzazione dei dati e solo il 10% allo sviluppo di algoritmi.

Impatto sul lavoro e sfide culturali

Nonostante le paure iniziali, l’AI non sembra destinata a minacciare l’occupazione. Il 68% dei CEO intervistati non prevede cambiamenti nel numero dei dipendenti, preferendo invece puntare sulla formazione del personale per migliorare l’uso delle nuove tecnologie. Solo il 7% delle aziende prospetta riduzioni del personale.

Le principali sfide restano la ridefinizione dei flussi di lavoro, il cambiamento culturale e la riqualificazione delle competenze. Due terzi delle aziende incontrano difficoltà significative in queste aree, ma il successo dipenderà dalla capacità di adattarsi e mantenere un focus costante sulla creazione di valore.

Sicurezza e regolamentazione

Un tema chiave per i leader aziendali è la sicurezza. Il 76% dei CEO ritiene prioritario rafforzare le misure di cybersecurity per proteggere i dati sensibili (66%) e adeguarsi a normative sempre più stringenti, che potrebbero influire sulla trasparenza e sulla gestione delle decisioni basate sull’AI.

Nel frattempo, il futuro dell’intelligenza artificiale guarda allo sviluppo di agenti autonomi, sistemi in grado di analizzare dati e raggiungere obiettivi con un coinvolgimento umano minimo. Sebbene il 67% dei top manager li consideri fondamentali, la loro implementazione richiederà un approccio responsabile e un percorso di sperimentazione più solido.