La domanda di competenze in Ai cresce del 157%: l’Italia chiamata a governare la trasformazione digitale

Dal 2019, le richieste di professionisti con competenze in intelligenza artificiale (AI) sono aumentate del 157%, segnalando un’ampia espansione della domanda in questo settore. Il 2024 si preannuncia come un anno cruciale, con un incremento esponenziale di professionisti coinvolti nell’AI, passati da 40.000 a oltre 300.000. Questo trend positivo include anche un aumento significativo della partecipazione femminile nelle professioni STEM, salita dal 30% a oltre il 40%, a testimonianza di un ruolo sempre più centrale delle donne nel settore tecnologico.

Questi dati emergono dal VI rapporto dell’Osservatorio di 4.Manager, dal titolo “Intelligenza Artificiale. Cambiamento culturale e organizzativo per imprese e manager: nuove traiettorie della managerialità”, presentato oggi alla Pontificia Università Antonianum. Il rapporto si basa su un’analisi dettagliata che combina indagini campionarie e dati di fonti istituzionali come Istat e Eurostat.

Adozione di AI: divario tra grandi aziende e Pmi

La diffusione dell’intelligenza artificiale nelle imprese italiane, però, è ancora caratterizzata da una forte disomogeneità. Le grandi aziende, grazie a risorse e capacità di investimento più ampie, registrano un tasso di adozione dell’AI del 24%, mentre solo il 5% delle piccole e medie imprese (PMI) è riuscito a integrare queste tecnologie. Questo divario evidenzia la necessità di politiche di supporto per le PMI, affinché possano beneficiare delle potenzialità offerte dall’AI.

Milano, Roma, Torino, Bologna e Napoli sono i principali poli di innovazione, trainando la crescita del settore nei campi IT, sviluppo software e servizi di ricerca. A settembre 2024, circa 10.000 imprese italiane avevano già adottato tecnologie di AI, con un incremento del 30% rispetto all’anno precedente.

Ostacoli e opportunità: investire nelle competenze per l’innovazione

Nonostante i progressi, permangono sfide significative che riguardano la mancanza di competenze digitali. Più della metà delle aziende italiane identifica proprio questa carenza come il principale ostacolo all’adozione dell’AI, un problema che richiede investimenti mirati in formazione e aggiornamento professionale.

Stefano Cuzzilla, presidente di 4.Manager e Federmanager, ha sottolineato l’importanza di un approccio umano alla trasformazione digitale: “Sebbene l’AI stia rivoluzionando il mondo dell’impresa, il vero valore continua a risiedere nell’intelligenza umana. I nostri sistemi produttivi sono miniere di saperi e abilità, in gran parte ancora inesplorate dall’AI, che aspettano di essere valorizzate”.

L’urgenza di un cambio di passo nella formazione

Il rapporto evidenzia una realtà critica: l’investimento in formazione è ancora insufficiente rispetto alla portata della trasformazione in atto. Anche se le figure manageriali sono ritenute essenziali per gestire la complessità introdotta dall’AI, meno della metà dei dirigenti ha avuto accesso a corsi di aggiornamento su questi temi nell’ultimo anno.

Per sfruttare appieno le opportunità dell’intelligenza artificiale e guidare un progresso sostenibile, è necessario un deciso cambio di rotta nell’ambito della formazione. Investire nelle competenze digitali e nel potenziamento delle capacità manageriali non è solo un’opportunità, ma un imperativo per assicurare che l’innovazione tecnologica possa realmente creare valore per le imprese e la società.